
di Valsusa Report
Calamità naturali e non, sono alla base del disastro ecologico mondiale, anche l’Italia non ne rimane vaccinata. Milioni di euro di danni alle colture hanno registrato un 2014 da non ricordare, le stime delle principali associazioni del settore danno un riferimento da “guerra mondiale”, incendi, alluvioni, grandine e poi siccità hanno messo in ginocchio tutta la filiera dell’approvigionamento di cibo vegetale.
Campi di cavoli, verze, cicorie, carciofi, radicchio e broccoli hanno visto anche il deteriorarsi delle vie di accesso, frane, smottamenti, esondazioni e allagamenti. Al mal tempo in questi casi si aggiungono centinaia di euro per la pulizia e lo smaltimento dell’immondizia trascinata dalla corrente, migliaia di sacchetti di plastica, bottiglie e lattine; il più gettonato rifiuto da asporto e abbandono.
Lavori di un anno spazzati via in pochi minuti, che si tratti di alluvioni, grandine o incendio tutto è cancellato con furia e velocità. Danni mai visti in passato, oltre ai danni alle colture ci sono i danni alle strutture aziendali, impianti di irrigazione, fabbricati, mezzi ed attrezzi vengono cancellati, decine di sacrifici costati impegno e dedizione di contadino, persi per sempre.
Dal Nord al Sud lo stato di calamità naturale è invocato costantemente nel 2014, le colture colpite vanno dalla vite agli agrumeti per arrivare all’orticoltura o ai campi di frumento; anche gli allevamenti di bestiame hanno subito l’impazzire del tempo, registrati black out elettrici che hanno impedito la mungitura, le serre hanno visto disintegrate le coltivazioni di primizie e degli “incubatori” di piantine per le produzioni estive. I cambiamenti climatici registrati nell’arco dell’anno passato, hanno dimostrato “una elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense con vere e proprie bombe d’acqua e un maggiore rischio per gelate tardive” come si legge nel comunicato stampa di Coldiretti.
Le cause attribuibili al maltempo possono essere imputate all’inquinamento generale del pianeta, ma a questo si aggiunge l’opera dell’uomo che da decenni devasta il territorio tagliando, segando ed interrompendo il suolo tramite infrastrutture sempre più enormi. I dati parlano chiaro il 15 per cento delle campagne è diventato cemento e ha fatto perdere, negli ultimi venti anni 2,15 milioni di ettari di terra coltivata, circa 400 campi da calcio (288 ettari) al giorno vengono abbandonati o occupati dal cemento. Il territorio italiano ha così il record del dissesto idrogeologico l’82 per cento dei Comuni italiani ha aree a rischio frane e/o alluvioni.
Proprio qui la beffa, il danno potrebbe essere ridotto; come? la manutenzione. Argini, pulizia, immondizia, canali, piste tagliafuoco e la dedizione al territorio, possono fare la differenza. Anche il dirottamento dei fondi in altri capitoli di spesa cementiferi e i risarcimenti inesorabilmente lunghi se non inesistenti, sono causa.
Insomma va bene il tempo che è pazzerello, ma se si impiegassero i soldi al risanemento e gli aiuti dello stato fossero tempestivi e reali, nessuno si lamenterebbe o meglio non chiuderebbe bottega per quella che è definità “la calamità naturale”.
Un dato su tutti: il Consiglio dei Ministri per gli eventi alluvionali del mese di novembre, stanzia a valere sul 2015, 35.000.000 euro. Per un chilometro di tav solo in Valsusa vengono stanziati 158.712.000 euro.
V.R. 26.2.15