
di Simonetta Mitola.
Lampi, cascate di cristalli, la vastità dell’universo conducono lo spettatore verso un’esperienza metafisica. Lo spazio espositivo accoglie una selezione di opere di Delfina Camurati dagli esordi negli anni Settanta ad oggi. Sotto una leggera pioggia autunnale, il viaggio che le installazioni aiutano a compiere è alla ricerca della bellezza e dell’interiorità. Un ciclo che si chiude, un percorso di crescita e cambiamento che si sublima nella consapevolezza del crollo delle illusioni e nel rifugio nelle vibrazioni dell’anima.
“Tutto ciò che ci sembra reale, poi ci accorgiamo che non lo è – sottolinea l’artista Delfina Camurati. – Dentro di noi ci sono vibrazioni più sottili che costituiscono la nostra anima. Non credo siano soggettive, siamo tutti la stessa cosa ma a piani di coscienza differenti. Quando comprendiamo più cose, diminuisce il nostro giudizio nei confronti del mondo. Il percorso espositivo della mostra finisce da dove è iniziato, ma nelle opere finali la vibrazione è più alta perché siamo diventati più evoluti. Anche se ci sembra di stare fermi sulla terra, in realtà siamo immersi in una spirale di luce, ci muoviamo nell’universo per creare della bellezza, credo. Almeno è sperabile”.
Trapano, sega elettrica, questi gli attrezzi usati dalla Camurati che si serve di tutto ciò che taglia il legno. E sta proprio qui la grande illusione perché le sue opere sono in legno anche se sembrano realizzate in pietra e marmo. “Amo lavorare il legno – evidenzia Delfina – perché è vivo. I pezzi non sono mai diritti, perfetti e si modificano nel tempo. Anche le pietre sono fatte di legno, ho lavorato molto sull’illusione: il mio lavoro e questo mondo sono illusori, ci appaiono in un certo modo ma si tratta di una nostra proiezione”.
Un’artista, la Camurati, che ama Kandinsky e fa propria la gioia del dipingere della Transavanguardia e che riserva un ricordo speciale al suo primo maestro, Giuseppe Bercetti. “Mi ha insegnato l’abc della pittura e, quando è mancato, mi sono sentita in dovere di proseguire la sua strada”. Infine, sul panorama attuale dell’arte contemporanea dichiara: “L’evoluzione è lentissima, ogni generazione fa un piccolo scalino rispetto a quella precedente. Oggi siamo molto frammentati perché l’arte non ha più una scuola definita. Ognuno inizia da dove può, è impossibile iniziare dall’origine perché non abbiamo idea di che cosa sia l’origine”.
Un’esperienza multisensoriale quella sperimentata nella serata inaugurale presso l’Hulahoop Gallery del Mau di Torino perché le opere di Delfina Camurati, ad un certo punto della serata, hanno preso vita e movimento grazie alla proiezione di immagini accompagnate da suoni. La performance Ocabra meet Delfina Camurati ha visto l’editing live di Francesca Corso e la sperimentazione elettronica audio di Michele Papa.
“Il progetto – riferisce Togaci curatrice della mostra insieme a Edoardo di Mauro – è di mettere in connessione artisti che hanno già uno spessore, come Delfina, con giovani artisti che traducono in emozioni quello che le opere hanno loro trasmesso. In questo caso abbiamo coinvolto due ragazzi di Roma, Francesca che si è occupata del montaggio video e Michele che ha realizzato suoni ispirandosi alle opere di Delfina. Una rilettura delle opere, un progetto che spero di portare in altri eventi”.
Un incontro alchemico quello fra la Camurati e i giovani artisti che sono rimasti affascinati dalla sua personalità ma soprattutto dalla sua semplicità. “Per la scelta delle immagini – racconta Francesca Corso – avevo effettuato una ricerca basata sul catalogo delle opere. Parlare con Delfina e osservare le opere dal vivo, però, è stato folgorante e le tematiche dei video sono cambiate. Le forme delle opere mi hanno influenzato, ma poi è scattato qualcosa di più profondo. Nella scelta, ho ascoltato le vibrazioni che mi hanno trasmesso”.
“Mi ha colpito il lavoro sul materiale – sottolinea Michele Papa. – Quando scopri che le opere sono in legno invece che in pietra o marmo, allora giustamente cadono le illusioni e nascono le vibrazioni. Per la scelta musicale sono stato influenzato da due domande che Delfina mi ha posto lasciandomi sbigottito: E per quanto riguarda il rumore interno? Pensi alla totalità di quello che fai o ai singoli strumenti? Da quel momento abbiamo cominciato a riflettere insieme sulla spiritualità, se quella esistente è reale o ne esiste un’altra, forse più pragmatica”.
La mostra è aperta fino al 7 novembre presso la sede del Mau in via Rocciamelone 7c a Torino.
Prossimi appuntamenti:
sabato 10 ottobre seconda inaugurazione della mostra dalle 18 alle 24 nell’ambito del progetto LAN (Local Art Network) insieme al birrificio Metzger che ha come intento quello di aprire spazi del territorio per produrre una notte bianca dell’arte e della cultura.
21 novembre 2015 festa del Museo d’Arte Urbana che celebra i 20 anni del progetto.
A dicembre il Mau ospiterà la fotografa Sabrina Pantano.
(S.M. 03.10.15)