
di Daniela Giuffrida.
Giornata intensa, ieri, per l’Associazione Antimafie RITA ATRIA e per Nadia Furnari, componente del Direttivo Nazionale della stessa Associazione.
Tre udienze per tre procedimenti giudiziari diversi in una sola giornata, sono davvero tante, ma non per l’Associazione che da più di vent’anni lotta per il ripristino e l’affermazione della legalità laddove influenze e ingerenze mafiose, comprovate o da accertare, ne hanno determinato la compromissione.
Un grande successo sul fronte della lotta al Muos, infatti il GIP del Tribunale di Palermo, per la seconda volta ha rigettato la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Palermo, riguardo alla denuncia relativa alla revoca della revoca delle autorizzazioni regionali sul MUOS di Niscemi, sporta dall’ Associazione.
Così come ricordato dalla stessa Associazione ieri, in un suo comunicato, nel luglio del 2013 l’Associazione RITA ATRIA aveva denunciato il dirigente regionale Gullo, per falso ideologico e abuso in atti di ufficio, questi infatti, eliminando una parte della relazione dell’Istituto Superiore di Sanità, aveva “attribuito un affermazione di assoluta non pericolosità” riferendosi al sistema satellitare Muos e in particolare alle tre parabole installate all’interno della base americana NRTF di Niscemi. Inutile dire che alla denuncia era seguita una prima richiesta di archiviazione da parte della Procura di Palermo, alla quale l’associazione a mezzo di Nadia Furnari, e del proprio difensore avvocato Goffredo D’Antona, si era opposta con successo. Ordinate dal GIP nuove indagini al Pubblico Ministero e da questi eseguite, era sopraggiunta una nuova richiesta di archiviazione ed una nuova opposizione dell’Associazione. Quest’ultima proprio ieri è stata, ancora una volta, accolta dal GIP di Palermo.
Le altre due udienze riguardavano, la prima, una denuncia per diffamazione a mezzo stampa che da quasi dieci anni vede la Furnari comparire davanti al tribunale di Messina, per una richiesta di risarcimento danni. Nadia Furnari, fu accusata di aver divulgato attraverso il sito dell’ Associazione due lettere in cui l’avv. Repici, rivolgendosi al Presidente del Consiglio dei Ministri nel 2007, denunciava fatti e circostanze che coinvolgevano l’ ex Prefetto di Messina, Stefano Scammacca. L’udienza è stata ancora una volta rinviata (al 26 novembre p.v.) e per Nadia Furnari sarà il decimo anniversario di questa penosa storia.
L’ultima udienza della giornata, riguardava la vicenda del Parco Commerciale di Barcellona Pozzo di Gotto, nella quale l’Associazione Antimafie Rita Atria si è costituita Parte Civile nel maggio del 2014, nell’ambito del processo contro Leopatri +12, per i fatti relativi all’approvazione del piano per il Parco Commerciale della Di.Be.Ca, società riconducibile alla famiglia di Rosario Pio Cattafi, un avvocato barcellonese, indicato dai pentiti come il vero capo di Cosa Nostra in provincia di Messina (www.ritaatria.it).
Il processo, vogliamo ricordarlo venne istruito a seguito di un’inchiesta scaturita da un esposto, presentato proprio dalla stessa Associazione, esposto che portò anche ad un accesso della Commissione Prefettizia, al Comune di Barcellona Pozzo di Gotto, per la verifica di eventuali infiltrazioni mafiose.
Ma l’Associazione Antimafie Rita Atria non è solo questo.
E’stata anche la prima associazione ad occuparsi di testimoni di giustizia e a presentare il primo dossier al Viminale sulla violazione dei “diritti umani” di questi e a consentire la riapertura di indagini e processi su evidenti assassinii di mafia.
Così, insieme al Comitato per la Pace e il Disarmo Unilaterale e a Piero Campagna è riuscita a far riaprire il processo per l’assassinio della sorella di questi, Graziella Campagna, una ragazzina di 17 anni di Saponara Superiore (ME) lavandaia a 150 mila lire al mese, morta per aver trovato dentro la tasca della camicia di un cliente, un documento rivelatore della vera identità dello stesso. Questi pare non fosse un comune e anonimo ingegnere ma il nipote latitante del boss Gerlando Alberti senior (assicurato alla giustizia anni prima dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa) . Quest’informazione le era costata la vita.
La sua storia, è stata raccontata dal fratello di Graziella Campagna, dall’Associazione Rita Atria di Milazzo, nella persona di Nadia Furnari e dal Comitato Messinese per la Pace ed il Disarmo, in un libro pubblicato nel 1997 (Graziella Campagna. A 17 anni vittima di mafia).
Quello della giovinetta, un assassinio di mafia: cinque ferite d’arma da fuoco, una lupara calibro 12 che sparò da non più di due metri di distanza dalla vittima. Le ferite erano sulla mano e sul braccio con cui probabilmente tentò di proteggersi, all’addome, alla spalla, alla testa, al petto.
Indagini riaperte grazie ad un esposto presentato dall’Associazione Rita Atria, anche per la morte di Sandro Marcucci e Silvio Lorenzini che morirono nello schianto di un velivolo antincendio precipitato il 2 febbraio del 1992 a Campo Cecina sulle Alpi Apuane.
Sandro Marcucci, 47 anni, era un ex colonnello pilota dell’Aeronautica Militare ed era stato uno dei testimoni scomodi della strage di Ustica. Nell’esposto presentato dall’Associazione si ipotizza che quell’incidente fosse un incidente “camuffato”. Ma questa è un’altra storia, le indagini come abbiamo detto, sono state riaperte e sono in corso, ne parleremo ancora.
(D.G. 29.05.15)