8 dicembre No Tav in piazza con le ragioni del Si… al cambiamento

Si al cambiamento, al progresso, allo sviluppo. Ma a quello vero, reale, dimensionato a misura delle persone, delle comunità e della natura. No all'ipocrisia delle spese inutili sulla pelle dei cittadini.

di Davide Amerio.

Per i No Tav l’8 dicembre è un appuntamento importante, inutile negarlo. Viviamo un tempo estremamente confuso, e non solo per la complessità dei problemi, quanto per la mancanza di strumenti adeguati per orientarsi tra la nebbia delle parole.

Siamo sommersi di “informazione”, di “notizie”, di “dichiarazioni”: ma senza verità. Fiumi di sintagmi che non ricercano le ragioni degli accadimenti, ma ne sfalsano i fatti; li reinterpretano a uso e consumo di qualcuno, di qualche fazione, di interessi politici ed economici, che non coincidono con l’interesse reale del paese.

Certo tutto è opinabile. Tutto è discutibile. Ma il “vero” non sta necessariamente nel mezzo: talvolta è perentoriamente da una parte della bilancia, se si guarda con onestà, intellettuale e morale, alle cose. In queste ultime settimane, mesi, abbiamo assistito, e continuiamo ad assistere, non a dibattiti e confronti, bensì alla sfrontatezza delle menzogne.

Informazione libera?

Questo accade nel paese in cui l’informazione non è libera, non è sincera, praticamente su nulla. Una informazione per lo più padronale che ha perso il senso del ridicolo, e che impone un’agenda di finti dibattiti circoscritti intorno a delle menzogne. Il problema è che pochi di noi, semplici cittadini, hanno il tempo materiale per occuparsi di catalogare e ricordare tutte le bugie che quotidianamente ci vengono propinate.

Una nicchia di giornalisti, realmente degni di questo nome, ci aiuta in questo. Ascoltare Marco Travaglio, nella sua trasmissione “Balle Spaziali”, trasmessa su canale Loft del fatto Quotidiano, è impressionante e fornisce l’abnorme dimensione del fenomeno della menzogna istituzionalizzata all’interno dei media.

Che si parli di TAV, della Virginia Raggi, dei vaccini, di Europa, di Euro, di qualsiasi argomento, in quella sede, nel racconto storico del giornalista che riporta, fedelmente, i titoli  dei quotidiani e il contenuto dei loro articoli su specifici argomenti, scritti quotidianamente, si ha la dimensione della tragedia dell’informazione italiana.

Dibattiti televisivi che non producono una briciola di informazione in più rispetto al già detto, ma fomentano e alimentano le tifoserie di parte, in quel gioco di costrizione del dissenso all’interno di un ring, per puro spettacolo; mai per la ricerca della verità.

Stallo politico.

Le ultime elezioni ci hanno condotto in una situazione di stallo, dalla quale, è inutile negarlo, non sappiamo bene come uscirne e, se ne usciamo, se rompiamo il delicato equilibrio, non abbiamo idea di quello che potrà accadere dopo.

Quindi quando leggo qualcuno dichiarare che non si può essere No Tav e stare insieme a Salvini, provo un moto di tenerezza. Non certo perché Salvini mi piaccia; anche quando afferma qualcosa di valido, non perde occasione per trascendere sopra le righe. Appartiene, di fatto e di diritto, alla paludata corporazione politica che ha governato questo paese.

Ma il soggetto è scaltro, astuto, disinibito, con una indubbia esperienza di navigazione nel mare tumultuoso della politica: e il fascino della furbizia ammalia molti in questo paese, che la confondono con l’intelligenza, che ne è invece una cugina lontana.  La sinistra langue, boccheggia, sussulta. Per lo più agonizza in una progressiva demenza contratta nel lontano 1989, con la caduta del Muro di Berlino.

Quasi vent’anni non sono serviti a ricostruirne una identità di valori, di obiettivi, di progetti. Il senso di colpa per quella caduta del muro comunista ha consumato generazioni di politici, che si sono appiattiti nello scimmiottare il sistema liberista, quello della “fine della storia”; senza nemmeno rendersi conto che già si stava trasformano in altro: in neoliberismo, in ordoliberismo.

Ricostruire la politica.

Non ricostruiremo la sinistra, o cambieremo il paese, continuando a utilizzare le categorie e le logiche di un tempo, di un mondo, di una economia che non esiste più. Non sarà discriminando tutti quelli che sono diversi (politicamente) da noi, che costruiremo il futuro. Le certezze sancite dalle ideologie non aiutano più a interpretare la realtà, mutevole e complessa, e a comprendere le stesse interpretazioni che di essa ciascuno di noi costruisce.

Ecco perché è importante scendere sabato prossimo in piazza. Perché la lotta No Tav contro le grandi opere inutili è l’inizio, il cuore, il principio, del cambiamento possibile, laddove la consapevolezza del vero si incontra con l’azione politica. Senza porre distinguo, senza velleità, senza appartenenze specifiche.

Dimostrare quanto è importante saper dire con convinzione un NO, per poter affermare la necessità di migliaia di SI, a ciò che è realmente utile; alla declinazione salubre del “progresso” e dello “sviluppo”: realmente concreti, intrisi di socialità, di comunità, di rispetto per gli esseri umani e per la natura.

Ecco perché ci saremo anche noi.

(D.A. 06.12.18)