
di Davide Amerio.
Un altro 25 Aprile è trascorso: celebrazioni, tentativi di revisionismo storico a buon mercato, strumentalizzazioni politiche, la solita fiera campionaria offerta dal panorama politico italiano.
Più ci allontaniamo, negli anni, da quella fatidica giornata di Liberazione dal nazifascismo, dagli orrori delle dittature, e dagli errori delle democrazie (e dei politici democratici) che consentirono a quelle di crescere come serpi in seno, sino a sviluppare, e compiere, la svolta totalitaria, più sembra smarrito il senso di quella lotta sanguinosa, per donare al paese la Libertà.
La radicalizzazione dello scontro politico, con le sue velleità, le menzogne, e le ipocrisie, cancella progressivamente i significati di parole come democrazia, libertà, giustizia.
Erano gli anni ’80, nei quali, molti di noi, sognavano di “non morire democristiani”; esclusi, per ragioni anagrafiche, dal ’68, attraversammo a fatica il ’77, evitando di cadere nella trappola della lotta armata. Le nostre acerbe pretese guardavano a un futuro di maggiore libertà, giustizia sociale, benessere. Ci guidava l’eco delle storie dei nostri genitori e dei nostri nonni: le storie di chi la guerra l’aveva subita, vissuta, combattuta.
Ciascuno scelse un proprio percorso politico, ma, in quegli stessi anni, una parola indicava quella pericolosa degenerazione, tutta interna al sistema democratico, che infettava progressivamente, come una metastasi, il corpo istituzionale del paese: la Partitocrazia.
Forse, a furia di utilizzarla, essa perse di senso; o forse prevalse l’illusione, in un paese che non aveva scienza – e coscienza,- di come fosse precipitato nel Fascismo (e come ne fosse uscito), che la giovane democrazia sopraggiunta, fosse scolpita, nella pietra delle istituzioni, per sempre.
Le macerie ideologiche dell’89 (con la caduta del Muro di Berlino), quelle morali del ’92 (con l’avvento della stagione di Tangentopoli), e la traccia ammorbante della Loggia Massonica P2, non hanno ridestato l’attenzione del popolo italico, sempre troppo incline a una benevola sudditanza, e compiacenza, verso l’idea di un uomo forte, risoluto, e risolutore, delle magagne.
La vigilia del 25 Aprile scorso, l’ho trascorsa guardando alcuni episodi della trasmissione “Eretici”, trasmessa su Loft (il canale televisivo del Fatto Quotidiano), condotta dall’ottimo Tomaso Montanari.
Il programma merita una menzione d’onore per due motivi. Il primo è l’agile conduzione di Montanari: in 16 minuti, attraverso un racconto agile, colto, preciso, mai banale, illustra l’essenziale di quei personaggi “eretici”, “disobbedienti”, che tanto hanno dato – e continuano a dare,- al pensiero politico.
Il secondo attiene proprio al 25 Aprile. Un breve, ma significativo, percorso nella memoria di personaggi che hanno sposato la causa della Libertà, e della democrazia, divenendone artefici e difensori.
Dalla figura di Socrate, l’eretico per eccellenza, l’uomo che insinuava il dubbio con la maieutica, ponendo le basi del metodo atto a sviscerare le comode credenze, verso le quali i più si adagiano.
A quella di Hannah Arendt, giornalista, storica, filosofa, che con il noto Eichmann in Jerusalem: a report on the banality of evil, ha mostrato al mondo la mostruosità dell’incoscienza umana, quando abbandona lo spirito critico, e cede passivamente all’obbedienza degli ordini costituiti.
Ma ci sono anche gli eretici di casa nostra, personaggi di cui ci si ricorda nelle commemorazioni, il cui pensiero può ancora essere una via maestra da percorrere. Ecco allora la storia di un Giorgio La Pira, cattolicissimo sindaco di Firenze, che combatte la povertà presente nella sua città, sequestrando alloggi per darli ai bisognosi, e accollandosi li strali che piovono da ogni parte. Una scelta di umanità, da parte di cattolico che ben aveva in chiaro, nella sua azione politica, i confini tra la fede e lo Stato; indissolubilmente legato ai principi della laicità.
Piero Calamandrei, tra i fondatori del Partito d’Azione, già membro della Costituente. Non abbandonò l’Università durante il periodo fascista, per stare accanto ai suoi ragazzi. Difensore della Costituzione, ma, sopratutto, come spiega Montanari, attraverso il suo pensiero è possibile capire come la nostra Carta sia “eretica” più di quanto si possa immaginare. Se essa trovasse le forze per essere attuata, scardinerebbe quel sistema opprimente di poteri che tiene in ostaggio l’Italia.
Brilla come una stella, nel panorama opaco della politica, la figura di Tina Anselmi, già partigiana, e deputata indimenticabile per le sue lotte morali e politiche in Parlamento. Fu lei a presiedere quella Commissione sulla Loggia P2 che, con molta fatica e tanti ostracismi, cercò fare luce sui poteri occulti di Licio Gelli e dei suoi sodali. La sua immagine fa impallidire le tante donnette scosciate, e saccenti, di cui si è “arricchita” la politica italiana.
Un filo conduttore lega questi personaggi, insieme a molti altri, disobbedienti, e dissenzienti; estranei e oppositori del pensiero “main stream”, come lo chiamiamo ora; artefici di un pensiero “altro” rispetto a quello dominante, imposto, ripetuto o suggerito.
La Cultura lega questi personaggi; la curiosità per la Conoscenza; il fervore di lavorare intellettualmente con lo strumento del dubbio: per non dare nulla per scontato, per immodificabile, per eterno.
Non è un caso se dopo 20 anni di berlusconismo, il paese è afflitto da una forte componente di Analfabetismo Funzionale che riguarda quasi il 50% della popolazione. Non è un caso che proprio Berlusconi facesse parte della Loggia P2.
Viviamo tempi bui, di pericolo per la democrazia, stretta tra oligarchie di potere, intellettuali insipidi, populismi e nazionalismi da osteria.
Non basta denunciare il pericolo “populista” se non si comprendono le ragioni per cui la democrazia viene svuotata dal suo interno, proprio in origine a opera di quella Partitocrazia che in pochi hanno realmente combattuto (e con poco successo).
Denunciare il sovranismo come il male assoluto, è atto risibile, senza la comprensione dei meccanismi che hanno rotto il patto liberale tra democrazia e libero mercato; senza coscienza di come la globalizzazione sia stata il vantaggio di pochi, sullo sfruttamento di molti.
Del 25 Aprile dobbiamo ricordare, sopratutto, la lotta per la libertà combattuta in modo duro, da pochi, per il bene di molti. Non sono certo singoli episodi, per quanto riprovevoli, commessi da criminali travestiti da Partigiani, che possono inficiare il senso e le ragioni della Storia. La voglia di revisionismo prende spazio proprio su quell’assenza di cultura e di conoscenza, propria di molti. Perché prima di criticare i libri di storia, bisognerebbe, almeno, averne letti un bel po’.
Ma dobbiamo, sopra tutto, guardare avanti, comprendendo i pericoli del presente. Immischiare le giuste rivendicazioni della sovranità (politica ed economica) con valori di integralismo cattolico, e razzismo, in chiave anti cosmopolita, non può che farci precipitare in un buio passato dal sapore inquisitorio.
Val la pena ricordare che il disprezzo verso i più deboli, è la maggior vittoria delle élite dominanti, e del pensiero unico. Trasforma le vittime in carnefici, anche di se stesse. Difatti da tempo c’è chi ipotizza l’incosciente ritorno a una democrazia senza suffragio universale, inconsapevole che proprio il suffragio è uno dei pilastri da cui non si può prescindere.
Dobbiamo quindi dirci ed essere Eretici, per guardare oltre, con gli occhi dei maestri del passato.
(D.A. 29.04.19)